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accettato il terzo tallo. Grifo in questa perquisizione avrebbelo certo trovato per ben nascosto che fosse stato, e lo avrebbe trattato come il primo.

Del resto mai prigioniero assistette di un viso più sereno a una perquisizione fatta nella sua stanza.

Grifo si ritirò coll’apis e i tre o quattro fogli di carta bianca che Rosa aveva dato a Cornelio; ciò fu il solo trionfo della spedizione.

Alle sei Grifo tornò ma solo; Cornelio volevalo addolcire; ma Grifo brontolò, serrandosi con le due dita le labbra, ed escì all’indietro come un uomo che abbia paura di essere aggredito.

Cornelio diede in uno scroscio di riso; per cui Grifo che ne conosceva il perchè, gli gridò attraverso la graticola:

— Bene! bene! ben ride, chi ultimo ride.

Chi doveva ridere l’ultimo, in quella sera almeno, era Cornelio, perchè aspettava Rosa.

Rosa venne alle nove, ma venne senza lanterna: non avea più bisogno di lume, che sapea già leggere. E poi il lume poteva tradire Rosa viepiù spioneggiata da Giacobbe. E poi al fin dei conti vedevasi troppo il rossore di Rosa, quand’ella arrossiva.

Di che parlarono i due giovani quella sera? Di quelle cose di cui parlane in Francia sulla soglia di una porta tutti gl’innamorati, da una parte all’altra del balcone in Ispagna, dall’alto al basso di un terrazzino in Oriente.

Parlarono di cose che mettono le ali ai piedi alle ore, e aggiungon penne al tempo.

Di tutto parlarono fuorchè del tulipano nero.

Poi alle dieci come il solito si lasciarono.