Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
191 |
V
Il secondo tallo.
La notte fu buona, e la giornata del domani fu ancora migliore.
I giorni precedenti la prigione erasi fatta squallida, scura, bassa bassa; gravava di tutto il suo peso sul povero prigioniero. I suoi muri erano neri, la sua aria fredda, le spranghe così raffittite da lasciarvi appena penetrare il giorno.
Ma quando Cornelio risvegliossi, un raggio di sole mattinale strisciava sulla ferrata; alcuni piccioni fendevano l’aria con le loro ali stese, mentre altri cruccolavano amorosi sul tetto vicino alla finestra ancora chiusa.
Cornelio corse alla finestra e l’aperse; parvegli che la vita, la gioia e quasi la libertà entrassero con i raggi del sole nell’oscura sua stanza.
Fioriavi l’amore e con lui fioriva attorno al prigioniero ogni cosa: l’amore, fiore celeste ben’altrimenti profumato di tutti i fiori terreni.
Quando Grifo entrò nella stanza di Van Baerle invece di trovarlo mesto e coricato come gli altri giorni, trovollo alzato, e cantante un’arietta di un opera.
— Ohè! fece Grifo.
— Stamani come va? disse Cornelio.
Grifo lo guardò in cagnesco.
— Il cane, il signor Giacobbe, la nostra bella Rosa, stanno tutti bene?