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continuò Rosa, sospirando la sua volta, fate voi a scordato del testamento scritto da voi sulla Bibbia del signor Cornelio de Witt? Non me ne scordo mica io; perchè ora che so leggere, lo rileggo tutti i giorni, e non una, ma spesso due volte. Ebbene! In quel testamento voi mi ordinate di amare e di sposare un bel giovine da ventisei ai ventotto anni. Io lo cerco questo giovine; e siccome tutta la giornata la consacro al vostro tulipano, bisogna bene che mi lasciate la sera per trovarlo.
— Ah! Rosa, il testamento è fatto nella previsione della mia morte, e grazie al cielo io sono vivo.
— Ebbene! dunque non cercherò più il ben giovine dai ventisei ai ventotto anni, e verrò a veder voi.
— Brava, Rosa? sì, sì; venite!
— Ma a una condizione.
— L’ho già accettata!
— Che per tre giorni non si parli del tulipano nero.
— Non se ne parli più, se così vi piace.
— Oh! disse la giovanetta, non bisogna mai chieder l’impossibile.
E come per sbadataggine ella appressò la sua fresca guancia così presso alla graticola, che Cornelio la potè sfiorare con le labbra.
Rosa diè uno strillo sommesso mandato dal cuore, e ratto disparve.