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fessione del suo preteso complotto contro Guglielmo.

Ma Cornelio non era solamente di spirito grande, ma ancora di gran cuore; chè gli era di quella famiglia di martiri che, avendo la fede politica come i loro antichi aveano la religiosa, sorridono ai tormenti, e nella tortura egli recitò con voce ferma e cadenzata secondo il metro la prima strofa del Justum et tenacem di Orazio, niente confessando e stancando di più non solo la forza ma ancora il fanatismo dei suoi carnefici.

I giudici non ostante assolsero da ogni condanna Tyckelaer, e profferirono contro Cornelio una sentenza, che degradavalo da tutte le sue cariche e dignità, condannandolo alle spese del giudizio, ed esiliandolo per sempre dal territorio della repubblica.

Egli era qualche cosa per la soddisfazione del popolo, a’ cui interessi erasi costantemente dedicato Cornelio de Witt, la condanna profferita non solamente contro un innocente, ma pur anco contro un gran cittadino. Pur come si va a vedere, non fu ciò sufficiente.

Gli Ateniesi, che hanno lasciato un assai bella reputazione d’ingratitudine cedevanla in questo punto agli Olandesi; che contentaronsi di bandire Aristide.

Giovanni de Witt al primo rumore della querela contro suo fratello, erasi dimesso dalla sua carica di gran Pensionario. Era costui in tal guisa degnamente ricompensato della sua devozione al paese; chè portò nella vita privata i suoi nemici e le sue ferite, soli guadagni che vengono in generale ai galantuomini colpevoli di essersi affaticati per la loro patria, obliando se stessi.