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vedendovi ritornare, mia cara Rosa, che voi aveste ricevuto la mia lettera.

— Difatti l’ho ricevuta.

— Non addurrete la scusa questa volta che non sapete leggere. Non solo leggete speditamente, ma avete ancora incredibilmente profittato rapporto allo scritto.

— Difatti ho non pur ricevuto ma letto il vostro biglietto. È ben per questo che sono venuta per vedere se fossevi qualche rimedio atto a rendervi la salute.

— A rendermi la salute! esclamò Cornelio; ma che avete dunque qualche buona nuova a darmi?

E così dicendo, il giovine ficcò su Rosa due occhi brillanti di speranza.

Ossia ch’ella non comprendesse quello sguardo ossia che non lo volesse comprendere, la giovanetta rispose con gravità:

— Ho solamente a parlarvi del vostro tulipano, che è, lo so bene, la più grave vostra preoccupazione; Rosa pronunziò queste poche parole con un accento ghiacciato che fece rabbrividire Cornelio.

Lo zelante tulipaniere non comprendeva mica ciò che nascondesse sotto il velo della indifferenza la povera ragazza sempre alle prese con la sua rivale, il tulipano nero.

— Ah! mormorò Cornelio, e batti e batti! Ma mio Dio! non vi ho detto, o Rosa, che io non penso che a voi, che eravate voi sola che io rimpiangeva, voi sola, di cui sento la privazione, voi sola che pel vostro allontanamento mi toglievate l’aria, il giorno, il calore, la luce, la vita insomma?