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Se al dolore di non vedere più la giovinetta si aggiungesse quello di vedere abortire il tallo per essere stato piantato troppo tardi, oppure per non essere stato nientaffatto piantato!

Per questi due dolori era certo da perdere l’appetito; e accadde il quarto giorno.

L’era un crepacuore veder Cornelio, muto pel dolore, pallido per la fissazione spenzolarsi fuori della ferrata col rischio di non poter più tirar fuori dalle traverse di ferro la sua testa, sforzandosi così di scorgere a sinistra il giardinetto, di cui aveagli parlato Rosa, e il cui parapetto, ella aveagli detto, che dava sul fiume; e tutto ciò nella speranza di scoprire a’ quei primi raggi del sole d’aprile la giovanetta o il tulipano, due suoi amori infranti.

La colazione e il pranzo portato da Grifo, appena la sera Cornelio aveali assaggiati.

Il giorno dopo non prese niente, e Grifo riportò in giù i commestibili perfettamente intatti, destinati ai due pasti.

Cornelio non erasi alzato nella giornata.

— Buono! disse Grifo scendendo dopo l’ultima visita, buono! presto ci andiamo a sbarazzare del sapiente.

Rosa trasalì.

— Eh! fece Giacobbe; come mai?

— Non beve più, non mangia più, non si leva più, disse Grifo; come Grozio escirà di qui in una cassa, ma però mortuaria.

Rosa divenne pallida come la morte.

— Oh! mormorò tra denti, capisco, è inquieto pel suo tulipano.