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e nonpertanto avrebbe ben voluto interrogarlo, domandargli nuove di Rosa. Fu sul punto per stravangante che sembrato fosse al di lei padre, di fargli tale dimanda. Sperava l’egoista che Grifo gli rispondesse, che sua figlia l’era malata.
A meno che in casi straordinarii Rosa non veniva mai di giorno; perlochè Cornelio non sperava vederla. Contuttociò alle sue subite scosse, al suo stare in orecchi verso la porta, alle sue rapide occhiate gettate sulla graticola, vedevasi bene che il prigioniero aveva la muta speranza che Rosa farebbe una infrazione alle sue abitudini.
Alla seconda visita di Grifo, Cornelio contro ogni sua aspettativa aveva dimandato al vecchio carceriere e ciò della più dolce maniera del mondo, nuove della sua salute; ma Grifo laconico come uno Spartano, si era ristretto a rispondere.
— Va bene.
Alla terza visita Cornelio variò la forma della interrogazione, dimandando:
— C’è nessuno malato al Loevestein?
— Nessuno! rispose più laconicamente ancora della prima volta, chiudendo Grifo la porta sul muso al prigioniero.
Grifo, punto abituato a simili leziosaggini da parte di Cornelio, sospettò nel suo prigioniero un indizio di attentata corruzione.
Cornelio ritrovossi solo; l’erano le sette di sera. Si rinnovarono allora con una gradazione più intensa della sera antecedente le angosce che ci siamo sforzati descrivere.
Ma, come la veglia, le ore si successero senza ri-