Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
173 |
Pertanto tutta la giornata perseguitavalo una vaga inquietitudine, simile a quegli uomini, il cui spirito è abbastanza forte per dimenticare momentaneamente che un gran danno la sera o l’indomani li minacci. La preoccupazione una volta vinta, vivono della vita ordinaria, soltanto di tempo in tempo il male dimenticato loro morde il cuore ad un tratto con l’acuto suo dente. Trasaliscono, s’interrogano perchè abbiano trasalito, poi rappellandosì ciò che avevano dimenticato:
— Oh! sì, dicono con un sospiro, è questo!
Il questo di Cornelio l’era la paura che Rosa non venisse punto nè poco nella sera secondo il solito. E a misura che avanzavasi la notte, la preoccupazione diventava più viva e più pressante fino al punto che impadronivasi di tutto il corpo di Cornelio e che egli non poteva più vivere senza di lei.
Fu per questo che salutò l’oscurità con un battito prolungato di cuore; a misura che l’oscurità cresceva, le parole da lui dette la sera innanzi a Rosa, le quali avevano tanto afflitto quella povera ragazza, facevansi più presenti al suo spirito, e dimandavasi come avesse potuto dire alla sua consolatrice di posporla al suo tulipano, quanto dire, se bisogno ci fosse, di rinunziare di vederla, quando per lui la vista di Rosa era divenuta una necessità della sua vita.
Dalla camera di Cornelio sentivasi battere le ore all’orologio della fortezza. Suonarono le sette, le otto, poi le nove; mai squillo di bronzo vibrò più profondamente al fondo di un cuore che nol facesse il martello battente il nono colpo delle nove ore.
Poi tutto fu silenzio. Cornelio appoggiò la sua