Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/186

172

d’amore, scorresse da’ suoi occhi sereni sopra le sue pallide guancie, ah! che allora credetti che egli mi amasse!

Povera Rosa! s’ingannava. Mai l’amore del prigioniero era stato più effettiva che al momento in cui ora ci troviamo, dappoichè, l’abbiamo detto con un po’ d’imbarazzo, nella lotta tra il gran tulipano nero e Rosa, il gran tulipano nero aveva dovuto soccombere.

Ma Rosa, lo ripetiamo, ignorava la disfatta del gran tulipano nero.

Cosicchè la sua lettura finita, in cui Rosa aveva molto profittato, prendeva la penna e mettevasi accanitamente all’opera non meno lodevole e ben più difficile dello scritto.

Ma siccome Rosa scriveva già quasi leggibilmente il giorno che Cornelio aveva così imprudentemente lasciato parlare il suo cuore, ella punto disperossi di far progressi assai rapidi per dare al più tardi tra otto giorni nuove del suo tulipano al prigioniero.

Non aveva dimenticato neppure una sillaba delle raccomandazioni che aveale fatto Cornelio. Del resto Rosa mai dimenticava una sillaba di ciò che dicevale Cornelio, anche quando non avesse avuto l’aspetto della raccomandazione.

Egli dal canto suo svegliossi più innamorato di prima. Il tulipano ancora era ben luminoso e vivido nel suo pensiere, ma non vedealo già più come un tesoro a cui tutto egli dovesse sacrificare, anche Rosa, ma come un fiore prezioso, una maravigliosa combinazione della natura e dell’arte che Dio accordavagli per abbellimento della sua donna.