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na per una distrazione, ma a colpo sicuro quando si trattasse d’impegnare il suo cuore per un tulipano, cioè pel più nobile e pel più fiero dei fiorì, egli lo impegnerebbe piuttosto, che per Rosa umile figlia di un carceriere.

Rosa dunque comprendeva questa preferenza che Cornelio dava al tulipano nero invece che a lei; ma la non era meno disperata appunto perchè lo comprendeva.

Cosicchè aveva preso una risoluzione durante questa nottata terribile, questa nottata d’insonnie che aveva passato. La risoluzione si era di non tornare più alla graticola.

Ma com’ella sapeva l’ardente desiderio che nutriva Cornelio d’avere nuove del suo tulipano; come ella non volevasi esporre a rivedere un uomo per cui ella sentiva accrescersi la sua pietà al punto che dopo essere passata per la simpatia, quella stessa pietà incamminavasi diritta diritta e a gran passi verso l’amore; ma come ella non voleva mettere alla disperazione costui, risolvette di solo proseguire le lezioni di lettura e di scritto già cominciate, e fortunatamente progredite a tale profitto, che un maestro non sarebbe stato più necessario, se quel maestro non si fosse chiamato Cornelio.

Rosa dunque si mise accanitamente a leggere nella Bibbia del povero Cornelio de Witt, sopra la cui seconda pagina, divenuta la prima dacchè l’altra era stata staccata, era scritto il testamento di Cornelio Van Baerle.

— Ah! mormorò rileggendo quel testamento che la non terminava mai senza che una lacrima, perla