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— Dimani noi pianteremo l’altro, mio caro Cornelio, disse sottovoce Rosa che comprendeva tutto l’immenso dolore del tulipaniere, e che gettò, cuore angelico, questa dolce parola come una goccia di balsamo sulla sanguinante ferita di Cornelio.
II
L’amante di Rosa.
Rosa aveva appena rivolte queste parole di consolazione a Cornelio che s’intese per le scale una voce, che dimandava a Grifo come la fosse andata.
— Babbo mio, non sentite?
— Chi?
— Il signor Giacobbe vi chiama; l’è inquieto.
— Si è fatto tanto fracasso, che sarebbesi detto che questo sapiente mi assassinasse. Ah! si passa sempre qualche guaio con i sapienti!
Poi accennando col dito la scala a Rosa, soggiunse:
— Andate avanti, signorina!
E chiudendo la porta, si affrettava dicendo:
— Son da voi, amico Giacobbe.
E Grifo era escito con Rosa, lasciando nella sua solitudine e nel suo amaro dolore il povero Cornelio che mormorava:
— Oh? tu m’hai assassinato, o vecchio boia; non gli posso sopravvivere!
E difatti il povero prigioniero sarebbesi ammalato senza il contrappeso, cui la Provvidenza aveva messo alla di lui vita, e che chiavamasi Rosa.
La giovinetta tornò alla sera.