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— Ah! vi ci ho preso! Un vaso con della terra! avvi qualche colpevole segreto nascosto qui dentro!

— Caro signor Grifo, disse supplichevole Van Baerle come una pernice cui il mietitore abbia sorpreso il suo nido.

Difatti Grifo cominciava a gettare all’aria la terra con le sue mani birnoccolute.

— Signore, signore! adagio! disse Cornelio impallidendo.

— A che? affè di Dio! a che? urlò il carceriere.

— Adagio! vi dico; voi l’uccidete!

E con un rapido movimento, quasi da disperato, strappò dalle mani del carceriere il vaso, cui egli nascose come un tesoro sotto la salvaguardia delle sue braccia.

Ma Grifo caparbio come un vecchio, e sempre più convinto d’avere scoperto una cospirazione contro il principe d’Orange, Grifo avventossi al suo prigioniero col bastone alzato, ma vedendo l’impassibile fermezza del recluso risoluto a proteggere il suo fiore piantato, si avvide che Cornelio tremava meno per la sua testa che pel suo vaso.

Cercò dunque di strapparglielo a viva forza, dicendo furibondo:

— Ah! vedete bene, che vi ribellate.

— Lasciatemi il mio tulipano! gridava Van Baerle.

— Sì, sì, il tulipano, replicava il vecchio. Si conoscono tutte le furberie dei signori prigionieri.

— Ma io vi giuro....

— Lasciatemelo, ripeteva Grifo, battendo i piedi; lasciatelo, o chiamo la guardia.