Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
156 |
strato di terra che cuopre il tallo, ho visto spuntare la gemma del primo boccio. Ah! Rosa il mio cuore si è liquefatto per la gioia: quell’impercettibile bottone biancastro, cui un’ala di mosca sfiorando romperebbe, quella dubbiosa esistenza, che rivelasi per insensibile testimonianza, mi ha più commosso della stessa ordinanza di sua Altezza, che con l’arrestare la scure del carnefice rendevami la vita sopra il palco del Buitenhof.
— Sperate dunque? disse Rosa sorridendo.
— Oh! sì, spero!
— Ed io alla mia volta quando pianterò il mio tallo?
— Alla prima giornata favorevole, ve lo dirò io; ma soprattutto non vi fate aiutare da nessuno, soprattutto non confidate il vostro segreto a chicchessia, che un amatore, vedete, sarebbe capace nulla più che alla sola ispezione del tallo, conoscerne il suo valore; soprattutto, o mia Rosa, soprattutto serrate diligentemente la terza cipolletta, che ancora vi resta.
— È ancora, signor Cornelio, nel medesimo foglio, dove voi lo avete messo, e tale e quale me lo avete dato, rincantucciato tutto in fondo della cassetta sotto i miei merletti, che tengonlo all’asciutto senza schiacciarlo. Ma addio povero prigioniero.
— Come! di già?
— Per forza.
— Venire così tardi, e partire così presto!
— Mio padre potrebbe impazientirsi non vedendomi tornare; l’amoroso potrebbe sospettare di avere un rivale.
E intanto ella inquieta stava in ascolto.