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un poco stordito dallo spirito di ginepro. Non ne fate parola, perchè grazie a questo sonno potrò ogni sera venire a discorrere un’oretta con voi.
— Oh! ve ne ringrazio, Rosa, mia cara Rosa.
E così dicendo, Cornelio accostò la sua faccia così vicina allo sportello, che Rosa ritirò la sua.
— Vi ho riportato, diss’ella, i vostri talli di tulipano.
Il cuore di Cornelio balzò. Non aveva ancora osato di domandare a Rosa, che cosa avesse ella fatto del prezioso tesoro che aveale confidato.
— Ah! li avete dunque conservati?
— Non me li avevi consegnati come una cosa a voi carissima?
— Sì, ma appunto perchè ve li avevo donati, sembravanmi cosa vostra.
— Miei dopo la vostra morte, ma siete vivo per fortuna. Ah! come ho benedetto sua Altezza! Se Dio accordi al principe Guglielmo tutte le felicità che gli ho augurato, certamente sarà l’uomo il più felice del suo regno, ma ancora di tutta la terra. Voi siete vivo, e conservando io la Bibbia del vostro compare, ero risoluta di riportarvi i vostri talli; solamente io non sapeva come fare. Sul punto di prendere la risoluzione d’andare a chiedere allo Statolder il posto di carceriere di Loevestein per mio padre, la balia portommi la vostra lettera. Ah! piangemmo tanto e poi tanto insieme, credetemelo; ma la vostra lettera non fece che confermarmi nella presa risoluzione. Fu allora che partii per Leida; voi sapete il resto.
— Come, come, mia cara Rosa, riprese Cornelio, dunque prima di vedere la mia lettera pensavi a venirmi a trovare?