Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
114 |
Allora Cornelio lesse a Rosa il testamento ch’egli aveva fatto. I singulti di quella povera giovine si raddoppiarono.
— Accettate le mie condizioni? interrogò il prigioniero melanconicamente sorridendo, e baciando la punta delle dita tremanti della bella Frisona.
— Oh! non saprei, signore, disse balbettando.
— Non lo sapete, mia ragazza? E perchè mai?
— Perchè ve n’è una delle condizioni che non saprò mantenere.
— Quale? Io credeva pertanto aver concluso il nostro trattato d’alleanza.
— Voi mi date i centomila fiorini a titolo di dote?
— Sì.
— E per sposare un uomo che io amassi?
— Senza dubbio!
— Ebbene! signore, non è per me quel denaro. Non amerò mai nessuno e non mariterommi mai.
E dopo queste parole pronunziate a stento, Rosa piegossi sulle ginocchia, e sveniva di dolore; ma Cornelio spaventato di vederla così pallida e così moribonda si affrettò di sorreggerla sulle sue braccia, quando un passo pesante seguito da rumori sinistri risuonò per le scale accompagnato dall’abbaiare del cane.
— Si viene a cercarvi! esclamò Rosa incrociando le mani. Mio Dio! mio Dio! avete più altro a dirmi, o signore?
E cadde in ginocchio, con la testa nascosta tra le sue mani e soffocata dai singulti e dalle lacrime.
— Ho a dirvi che nascondiate preziosamente i vostri tre talli, e che ne abbiate cura secondo le pre-