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Allora Cornelio lesse a Rosa il testamento ch’egli aveva fatto. I singulti di quella povera giovine si raddoppiarono.

— Accettate le mie condizioni? interrogò il prigioniero melanconicamente sorridendo, e baciando la punta delle dita tremanti della bella Frisona.

— Oh! non saprei, signore, disse balbettando.

— Non lo sapete, mia ragazza? E perchè mai?

— Perchè ve n’è una delle condizioni che non saprò mantenere.

— Quale? Io credeva pertanto aver concluso il nostro trattato d’alleanza.

— Voi mi date i centomila fiorini a titolo di dote?

— Sì.

— E per sposare un uomo che io amassi?

— Senza dubbio!

— Ebbene! signore, non è per me quel denaro. Non amerò mai nessuno e non mariterommi mai.

E dopo queste parole pronunziate a stento, Rosa piegossi sulle ginocchia, e sveniva di dolore; ma Cornelio spaventato di vederla così pallida e così moribonda si affrettò di sorreggerla sulle sue braccia, quando un passo pesante seguito da rumori sinistri risuonò per le scale accompagnato dall’abbaiare del cane.

— Si viene a cercarvi! esclamò Rosa incrociando le mani. Mio Dio! mio Dio! avete più altro a dirmi, o signore?

E cadde in ginocchio, con la testa nascosta tra le sue mani e soffocata dai singulti e dalle lacrime.

— Ho a dirvi che nascondiate preziosamente i vostri tre talli, e che ne abbiate cura secondo le pre-