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occupasse di politica, e ciò con le lettere trovate presso di lui; secondo perchè è provato che occupavasi dei tulipani: i talli ne fanno fede. In fine — e qui sta l’enormità — perciocchè Cornelio Van Baerle occupavasi al tempo stesso di tulipani e di politica, dunque l’accusato era di una natura ibrida, di una organizzazione anfibia, occupantesi con eguale ardore alla politica e al tulipano, il che darebbegli tutti i caratteri della specie di uomini la più dannosa al pubblico riposo, e una certa anzi una completa analogia coi grandi spiriti, di cui Tarquinio Prisco e il principe di Condè fornivano a proposito un esempio.
Il resultato di tutti questi ragionamenti fu che il principe statolder d’Olanda saprebbe senza dubbio buon grado alla magistratura dell’Aya di semplificargli l’amministrazione delle Sette Province, distruggendo fino all’ultima radice la cospirazione contro la sua autorità.
Questo argomento prevalse a tutti gli altri e per distruggere efficacemente i germi delle cospirazioni, la pena di morte fu pronunziata all’unanimità contro Cornelio Van Baerle, interrogato e convinto di avere, sotto le innocenti apparenze di un amatore di tulipani, partecipato ai detestabili intrighi ed ai complotti abominandi dei de Witt contro la nazionalità olandese, ed alle loro segrete relazioni col nemico francese.
La sentenza portava provvisoriamente che il suddetto Cornelio Van Baerle sarebbe estratto della prigione del Buitenhof per essere condotto al patibolo alzato sulla piazza dello stesso nome, dove l’esecutore di giustizia gli taglierebbe la testa.