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possibile che ciò fosse vero, dappoichè i fogli erano precisamente chiusi in una cassetta, dove ogni giorno metteva gli occhi e le mani.
Cornelio rispose che l’era ciò la verità, ma che metteva solo la mano nella cassetta per assicurarsi che le sue cipollette fossero ben prosciugate e vi gettava gli occhi per assicurarsi soltanto se le sue cipollette tallissero.
Gli si obiettò che la sua pretesa indifferenza a riguardo di quel deposito non potevasi ragionevolmente sostenere, avvegnachè fosse impossibile che avendo ricevuto dalle mani del suo compare un deposito così fatto, egli non ne conoscesse l’importanza.
Al che egli rispose: che il suo compare lo amava troppo e di più gli era un uomo troppo saggio per non avergli niente detto del contenuto di quei fogli, giacchè tal confidenza non avrebbe servito ad altro che a tormentare il depositario.
Gli si obiettò che se il signor de Witt avesse di tal sorte operato, avrebbe unito all’involto in caso di accidentalità un certificato costatante che il suo battezzato era completamente estraneo a quella corrispondenza, ovvero durante il suo processo avrebbegli scritto una lettera che potesse servire a sua giustificazione.
Cornelio rispose che senza dubbio il suo padrino non aveva pensato affatto che il suo deposito corresse pericolo alcuno, nascosto com’era in un armario che era riguardato come sacro al pari dell’arca da tutta la casa Van Baerle; che aveva per urgenza stimato inutile il certificato; che quanto a una lettera gli pareva sovvenirsi che un momento prima del suo arresto, siccome egli era assorto nella contemplazione di