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una lanterna cieca in tasca, montò la scala e penetrò nel prosciugatoio.

Giunto in quel tabernacolo, si arrestò, si appoggiò alla tavola; le gambe gli mancavano sotto, il suo cuore batteva da soffocarlo.

Là era ben peggio che nel giardino: direbbesi che l’aria aperta togliesse alla proprietà ciò che ella ha di rispettabile; perchè chi salta una siepe, o chi scala un muro, si arresta poi alla porta o alla finestra di una stanza.

Nel giardino Boxtel non era che uno scorridore; nella stanza era un ladro.

Non pertanto riprese cuore: non era là venuto per tenere le mani a cintola.

Ma ebbe un bel cercare, aprire e chiudere tutte le cassette, e la privilegiata pure, dov’era il deposito stato così fatale a Cornelio; trovò etichette come in un giardino di piante, la Giovanna, la de Witt, il tulipano bistro, il tulipano caffè bruciato: ma del tulipano nero, o piuttosto dei talli, dove esso era ancora addormentato e nascosto nel limbo della fioritura, non eranvi tracce.

Ma però sul registro dei semi e delle cipollette tenuto in doppia scrittura da Van Baerle con più cura e esattezza del registro commerciale delle prime case di Amsterdam, Boxtel lesse queste linee:

«Oggi 20 agosto 1672 io ho disotterrato la cipolletta del gran tulipano nero, che ho separato in tre talli perfetti.»

— Questi talli! questi talli! urlò Boxtel rovistando dappertutto nel prosciugatoio, dove mai li ha cacciati?