Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/89

più energica, più ferma. E parlava italiano, rapidissimamente: pareva che additasse, enumerasse, spiegasse. Che cosa mai?...

Ed ecco che la stessa vocetta traduceva tutto in francese per qualcuno dei visitatori che evidentemente non capiva l'italiano, e la nonna udiva trasecolata l'eterna storia che per lei non aveva quasi più senso, tanto la sapeva a memoria, la storia delle incisioni di Dürer, rifiorire dalle labbra del nipotino, resa più viva e più fresca da una grazia ingenua di narrazione e di commento che ne sollevava e ne abbelliva la monotona aridità.

Sapeva tutto, il piccolo, meglio di lei che da quarant'anni abitava la casa, da settanta viveva a Norimberga.... Anche la vita di Dürer conosceva, ed ora insegnava agli stranieri i musei e le chiese di Norimberga dove avrebbero trovati altri suoi quadri, ed alla storia già nota mesceva qualche osservazione personale, qualche piccola notizia raccolta, dove, come, la nonna non sapeva.

Quando aveva egli visto, imparato, letto?... Se, dopo la sera del suo arrivo, non aveva mai fatto cenno a lei, nè mai chiesto nulla delle «vilaines têtes pendues aux murs?» Forse aveva letto qualche libro.... il Baedeker?

Ma Nennè diceva più e meglio dei libri; e colla rapida intuizione, colla mirabile genialità della sua razza, illeggiadriva e rendeva svelta e agile la convenzionale storia compilata ad uso dei viaggiatori frettolosi.

Lembi di discorso arrivavano alla nonna.