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e un'atroce voce in falsetto i più sentimentali «Lieders» di Hans Sachs.
Nennè le odiava con tutto l'odio di cui era capace il suo piccolo cuore. Tutto lo urtava in loro: il formidabile appetito, il colore delle bluse di Frau Minna, il continuo agitarsi di Frau Elsa, la schiena da carrettiere di Fraulein Gretchen e la sua mania di ricamare a punto croce toccanti frasi sui più comuni oggetti d'uso quotidiano. Su un paio di babbucce? — «Gute nacht». — Sul comodino della nonna? — «Gott vergelte es euch»! — Sulla mantellina di Wagner? — «Mein lieb»!
Nennè le odiava. Ed esse, — oh esse erano molto dignitose! — fingevano di ignorare il piccolo italiano selvaggio e silenzioso, di non vedere, rannicchiato tra la finestra e la stufa, quell'osservatore spietato che preferiva il gatto alle donne. Ma, quando erano certe che la nonna non udiva, ridevano di lui a tutto spiano, ed avevano cura di domandarsi l'una all'altra, in francese, ammiccando:
— «Où est-il ce soir le bétit degoudant?»
Una sera Nennè, stanco e snervato dallo spettacolo sempre uguale, prese il suo lumicino, salutò la nonna, e si diresse verso la sua cameretta. Wagner lo seguì colla coda per aria. Bisognava traversare le stanze dove le «vilaines têtes pendues aux murs» gli avevano fatto tanta paura la sera del suo arrivo, ma ormai egli era più grande (erano passati sei mesi), più calmo, e sapeva bene che quelle povere imagini non potevano fargli del male.