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birra davanti, le quattro donne giocavano e chiacchieravano. Nennè stava a guardarle immobile, in silenzio: Wagner e Beethoven dormivano.
Frau Minna aveva sessant'anni ed era enormemente grossa, rubiconda, paffuta: un ridente faccione di luna piena su di un corpo di virago, ma si vestiva come una giovinetta, prediligeva i colori delicati: il rosa e l'azzurro per le bluse, il verde pisello per le gonne; e cambiava toilette quasi ogni sera. Un elemento però del suo vestiario restava immutato ed immutabile: il cappellino di feltro verdastro colla penna di gallo, piantato ben saldo su una spelacchiata treccia un po' grigia, un po' gialla, un po' rossa, che le faceva rapidamente il giro della nuca.
Frau Elsa aveva un'altra particolarità: l'irrequietudine e l'odore. L'insopportabile odore d'aglio, di cipolla, di lardo, che emanava da lei, dai suoi indumenti, da tutti i pori della sua minuscola e irrequieta persona, animata da due piccoli occhi di topo, secca e striminzita come una castagna troppo cotta.
E colei che rispondeva al dolce nome di Gretchen, — Fraulein Gretchen, — pareva un granatiere: alta, quadrata, tarchiata, con larghi denti e larghi piedi, e fumava come un turco e beveva per quattro. Nennè si aspettava ogni sera di sentirla battere i pugni sul tavolo e bestemmiare, invece ella sospirava come un mantice quando le sue amiche nominavano «l'Amore», e cantava cogli occhi rivolti al cielo