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Fuori, lungo il treno, era un affollarsi di gente che arrivava, che aspettava, che ripartiva; alcuni fendevano violentemente la corrente, altri, incagliati fra cataste di valigie, gesticolavano con disperazione chiamando: — «Träger! Träger!» — qualche funzionario passava impettito colle mani dietro la schiena dominando la folla coll'ampio torace, ma nessuno guardava su verso il finestrino cui stava affacciato lo spaurito ragazzetto vestito a lutto, nessuno dava ascolto all'esile vocina ansiosa che seguitava ad interrogare:
— Norimberga?... Norimberga?...
Ad un tratto il fanciullo ricordò che a Monaco il console d'Italia gli aveva detto:
— All'arrivo, ti affaccerai allo sportello e sventolerai questa bandierina italiana; non te ne scordare, è il segno di riconoscimento.
Ed egli l'aveva piegata e riposta nella tasca della giacca, e vi aveva sempre tenuto la mano sopra, dormendo, per paura che qualcuno gliela rubasse: ora, nella confusione del brusco arrivo se n'era completamente dimenticato. Forse non c'era più?...
Con un sorriso di sollievo pescò dalla tasca lo sgualcito cencio dai tre colori, protese nuovamente fuor dal finestrino la testa e la mano, sventolando la bandiera.
Ed ecco tra la folla già molto diradata, una vecchia signora si fa largo; è alta, è grassa, è vestita di nero, ha i capelli bianchi, e gli occhi azzurri dietro le lenti, pare che cerchi, corre verso la bandierina....È lei? la nonna?