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Ogni oggetto era piccolo, bianco, tenue, «per lui».

Un acuto odore d'acido fenico e di sali impregnava l'aria. Il cadavere....

La carrozza si avvicinava.

Folco tornava. Tra mezz'ora, tra pochi minuti sarebbe giunto.... Ella non poteva più ribellarsi. Non l'avevano essi comprata? Non era il suo corpo giovane e sano il prezzo di quei bei vestiti, di quei mobili ricchi, di quei gioielli, di quegli agi, il prezzo della sua «fortuna»? Ella doveva dare il suo corpo a Folco perchè meno si infangasse e si perdesse in altre sozzure, doveva dare dei figli a coloro che li aspettavano senza contarli finchè «uno» ne restasse, per il loro nome, per la loro vanità, per procreare altri infelici! Ed ella doveva ancora stringere fra le sue braccia dei piccoli innocenti, ancora nutrirli del suo sangue, ancora vivere della loro vita, ed attaccarsi disperatamente alle loro fragili manine, perchè le agonizzassero poi davanti gli occhi, perchè le dilaniassero il cuore!... Quella notte stessa.... Quella notte stessa ella avrebbe potuto chiamarne uno alla vita.... condannarlo alla morte.... Ah no! no! no! questo, no!... Il suo ventre non avrebbe più concepito dei figli destinati a soffrire, a morire, il suo corpo non si sarebbe venduto così!... No! no! no!

Ella mosse affannosamente verso la culla, afferrò una cuffietta coi nastri azzurri, che giaceva sulla coperta e conservava ancora quasi la forma e il tepore dell'amor suo perduto. La