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era stata la bellezza e l'orgoglio della casa e ne rimaneva tuttora l'oracolo. Quando parlava ella non alzava mai la voce, ma stringeva le labbra con compunzione scuotendo i ricciolini come piccoli campanelli. Era figlia di Maria, ispettrice dell'Asilo di San Giuseppe, presidente della confraternita di San Rocco: le signore del paese la consultavano nelle più importanti contingenze della vita e la sua sentenza era inappellabile in fatto di moda. Le parole: «corretto, dignitoso, decoroso», tornavano spesso e volontieri sulle labbra di questa irreprensibile donzella che camminava, dormiva, pensava, e pregava Domineddio con sussiego e decoro.
Alice anch'ella era alta e magra, ma un po' curva, con una gran massa di capelli rossi, il viso lentigginoso e smorti occhi miopi. Camminando, ella si teneva un po' indietro da Dorotea quasi volesse anche materialmente dimostrare la sua deferenza alla sorella maggiore; quando Dorotea parlava Alice taceva o approvava.
Lungo la sera Adelaide rimaneva colla Zia Zelinda e coll'infermo ad aspettar che rientrassero: tutti e tre sotto la borbottante lampada dal paralume verde.
Quasi sempre Zia Zelinda intesseva lungamente l'elogio della bellezza di Dorotea e della bontà d'Alice, e il padrigno si addormentava colle mani gonfie abbandonate sulle coscie. In una di quelle serate Adelaide ebbe il coraggio di parlar di sua madre. Da tanto tempo la domanda