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se lo vedesse allora per la prima volta, come per indovinare sulle linee del bel volto maschio e pensoso, il perchè dell'enigma.
— Sarà forse perchè sa di non poter aspirare alla mia mano....- pensò la fanciulla con un sospiro di sollievo. — Se potesse sperare....
E ideò un abile stratagemma. Un giorno, mentre il cugino riposava sotto la sua tenda, ella si arrampicò come uno scoiattolo sul più alto palmizio, e, lassù, scorticandosi le mani e arrischiando dieci volte di precipitare a terra, attaccò alla cima ondeggiante la lunga fascia azzurra che le serrava la cintura. Ella era appena discesa dall'ardua vetta, e ancora ansante e trafelata guardava l'opera sua con occhi furbi e soddisfatti, quando sulla soglia della tenda apparve Elmìr. La fanciulla compose il volto a solenne gravità, e gli additò la fascia azzurra che sventolava gaiamente al sole.
— Se tu riesci a staccare quel nastro dalla cima della palma, io forse sposerò te, Elmìr.
Elmìr guardò in alto, poi rispose tranquillamente:
— Non ci tengo affatto.
— Come?... — esclamò Biancofiore colpita in pieno petto. — Come?... Non ti piaccio?...
— Io ti considero come mia sorella.
— Ma se non mi considerassi come mia sorella, ti piacerei?... Mi sposeresti?... — insistette la fanciulla colla sua voce più insinuante, piegando la testolina, e guardandolo con civetteria.
— Io non sono il principe più bello, più valoroso,