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solitudini, Biancofiore per passare il tempo ideò di farsi corteggiare da Elmìr.

Cominciò a guardarlo con insistenza da lontano, per poi sfuggire ostinatamente il suo sguardo, a sorridergli dolcemente, per poi trascorrere ore ed ore senza occuparsi di lui, a passare senza motivo dalla gaiezza alla malinconia, dalla loquacità al silenzio, dalla cordialità alla fredezza. Rifiutava il suo aiuto nello scendere e nel salire da cavallo, oppure si appoggiava alla sua spalla con languido abbandono. Elmìr non se ne dava per inteso. Egli accettava i capricci di lei come quelli di una bambina viziata e non mostrava di scrutare al di là. E il suo contegno affettuoso e sereno acuiva l'irrequietudine e il dispetto di Biancofiore.

— Ma che uomo è questo?!... É un pezzo di marmo, di legno, di ghiaccio?... — esclamò fra sè la fanciulla dopo aver esaurito tutte le sue ingenue arti per attirare l'interesse di lui. — Oppure.... oh cielo!... sarei per caso diventata brutta?...

Ella si guardò ansiosamente nello specchio. Ma lo specchio la rassicurò....No, ella era sempre la stessa; anzi la vita libera e selvaggia aveva dato alle sue delicate tinte di fiore un tono più caldo, ai suoi occhi uno splendore più intenso, più vivo. E, dacchè era fuor dalle fasce, tutti gli uomini avevano ammirato quella sua bellezza, l'avevano adorata come cosa divina: Elmìr soltanto, colui che le viveva sempre accanto, era cieco e indifferente. Ella guardò suo cugino con curiosità e con dispetto, come