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acerbi, delle parole dure; gli riconsceva in cuor suo ogni diritto: dopo tutto egli era suo cugino, quasi suo fratello! Se l'avesse insultata, battuta, ella avrebbe piegato umilmente il capo sotto i colpi, ma quel pianto no, non poteva sentire quel pianto! Ella non ne coglieva che il ridicolo, la viltà, l'umiliante impotenza....

E quello era l'uomo che doveva salvarla! alla cui energia si era rivolta per avere un sostegno! Quello, era il suo difensore!

— Gualtiero! — chiamò ella in tono aspro e impaziente chinandosi su di lui e scostandogli a forza le mani dalla faccia. — Gualtiero! Smetti di piangere. Io ho bisogno di te, hai capito?... Ti ho confessato tutto come a un fratello nella speranza che tu faccia per me quello che io non posso fare. E tu non sai che piangere!....Ma non capisci che bisogna che tu faccia qualche cosa di più per salvarmi? Dimmi, sei disposto a qualche cosa per me?

Egli scattò in piedi, avvicinò il volto al volto di lei, afferrandola ai polsi, tremando come una foglia.

— Non posso battermi, lo sai! Non posso battermi!... Nessuno accetta un duello con me!... Posso uccidermi, ma non punirlo!... E tu non vuoi che pianga!... e tu non vuoi che pianga!... — e ricadde a singhiozzare.

Ah! quel grido finalmente le arrivava all'anima, l'avvicinava al cugino più di quanto avrebbero potuto mille proteste di devozione e d'affetto.