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a quell'assalto. — Dopo, rimetterò io le cose a posto!
Don Vittore Ruffo l'aveva scorta da qualche minuto ed indugiava deliberatamente ad avvicinarsi.
Intanto anche donna Carla e donna Emma Maina, le gemelle, l'avevano vista da lontano e accorrevano a lei tenendosi per mano, spumeggianti nelle fresche toilettes di tulle rosa.
Erano le amiche più intime di Valeria, e Carla la baciò sull'orecchio, e le sussurrò qualche parola ridendo, poi si allontanarono di nuovo tenendosi per mano, leggere come farfalle.
L'orchestra attaccava un boston.
Don Vittore Ruffo si era intanto lentamente avvicinato.
— Si è ricordata, contessina, d'avermi promesso il primo boston? — chiese egli inchinandosi e baciando la piccola mano che gli si offriva.
— Quale primo? — disse Giannetto Maina. — Il primo è già passato da un pezzo, amico mio!
— Il primo dopo il suo arrivo, naturalmente, — rispose il Ruffo indirizzando la parola a Valeria.
— Meriterebbe che le dicessi di no, — esclamò la fanciulla, — giacchè viene così tardi a reclamare i suoi diritti!
— Ha ragione, donna Valeria! — tuonò il tenente Vallotti col suo vocione fragoroso. — Anche per i diritti c'è una prescrizione!
— Vorrà essermi così severa? — chiese il Ruffo