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il disordine delle stanze abbandonate come in fuga.... toccare le cose note alla morte.... rivivere le ore terribili.... Quanto, quanto soffrire, povero Carlo!...

Come mai ella non aveva pensato, non aveva sentito prima d'allora nulla nel suo cuore che l'avvertisse di ricordarsi di lui, di non abbandonarlo in quel momento, di essere più buona?... Come mai l'aveva lasciato partire così, con tanta indifferenza, quasi con freddezza?... Perchè?... Perchè?...

Affannosamente Elena scrisse poche righe; chiamò Battista e gli consegnò il telegramma.

Era una parola di saluto dove vibrava timido il rimorso.

Attese fino a sera la risposta che non venne. La giovane donna si coricò inquieta e affannata. Quel silenzio le diceva troppe cose....

E nella notte, a grandi occhi aperti, accusandosi come sanno accusarsi le donne che amano di fronte a un assente che tace, ella rivisse tutti i suoi ricordi più cari, tutta la storia del loro amore che partiva dalle confuse reminiscenze dell'infanzia per arrivare fino all'ultima dolorosa tappa (e non una parola l'assente vi aveva scritto che non fosse gentile, che non esprimesse protezione, sollecitudine, tenerezza) fino agli ultimi mesi, dacchè il piccolo li aveva lasciati, dacchè ella, chiusa nell'egoismo feroce del suo dolore, aveva intrapreso a torturare, ad offendere, a respingere, il cuore a lei troppo devoto. Perchè?... Perchè? Perchè non stringersi invece più forte a lui nell'angoscia?... Perchè sfuggirlo?...