Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/208

un contegno d'imbarazzo e di disagio che li rendeva doppiamente infelici.

Battista, colla chiaroveggenza profonda dell'affetto, era colpito ogni giorno più da qualche cosa che non capiva.

Egli guardava Elena: la fragile e delicata sua giovinezza che piegava, i suoi grandi occhi di malinconia, che troppo gli ricordavano quelli di un'altra Elena lontana....

Dunque un fato tragico pesava sulle donne della casa: tutte, d'una rara armonia di forma e di pensiero, erano colpite al di là della loro forza? Anche questa?...

Implorava il vecchio:

— Signore, un altro bimbo, a questa mamma, un altro bimbo!

E non sapeva, nella sua ingenua primitiva bontà, nella semplicità del suo sentimento, ciò che martoriava e turbava i due giovani sposi dopo la morte del loro piccolo, l'artiglio che li aveva afferrati, l'incubo dove la loro acuta sensibilità li aveva gettati: essi non osavano più amarsi, essi avevano pudore e vergogna di amarsi, di poter essere ancora felici, quando il loro bimbo non era più, e freddo e bianco riposava sotterra....

Una strana timidezza li coglieva, un brivido, come se il piccolo Cici li chiamasse, rimproverando:

— Voi non piangete dunque più, mi avete dimenticato!...

Elena sopratutto si ritraeva con un fremito, si staccava volontariamente da Carlo con paura,