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— Innocenza!... Innocenza!...

Ma la sciagurata rideva, rideva sempre, con occhi di pazza... L'acqua aveva disciolto il rossetto sulle sue guancie e colava in un rivoletto rosso fin sul mento, la linea delle sopraciglia si allungava in uno sconcio baffo sulla fronte, le mani lunghe adunche tremanti afferravano spasmodicamente le lenzuola, piantavano le unghie sul guanciale.

— Innocenza!... Innocenza!...

Alfine il terribile riso si quetò; il tremito si fece meno aspro; le mani stancamente disserrarono la stretta, si apersero gialle e molli di sudore sulle coperte sconvolte.

Innocenza chiuse gli occhi e si voltò verso il muro.

Nanna non si mosse.

Fuori si era levato un gran vento, la fiamma del lumicino ad olio vacillava, un topo rodeva la parete.

Gli occhi di Nanna, sbarrati nella penombra, non lasciavano la testa di sua figlia, la forma grama che si delineava sotto le coltri.

A un tratto la ragazza sobbalzò, spalancò gli occhi in faccia a sua madre, la fissò come se non la riconoscesse, poi le disse, con voce d'odio e di comando:

— Va a letto.

Nanna si alzò penosamente e obbedì.

Passarono alcune ore. Nanna si era addormentata. Il suo russare profondo, ed il respiro faticoso e greve, sembravano piuttosto di qualche grossa bestia che di un essere umano. Il