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uno sgretolar di calce, e, sulla sommità del muro, una forma nera apparve.
Una voce in falsetto gridò:
— Ecco lo sposooo!... — e un cagnuolo nero, tutto rabbuffato di peli, col collo attorto da una cravatta rossa e un mazzolino di gaggie legato alla coda, balzò giù ai piedi di Innocenza e si mise disperatamente ad abbaiare.
Innocenza si guardò intorno smarrita, sferrò un calcio al cagnuolo inviperito che l'afferrava alle gonne, alzò gli occhi, e vacillò.
Il muricciolo di cinta si era popolato come per incanto di teste di ragazzacci, e da venti, da trenta bocche, fra risate, fischi e battimani, prorompeva frenetico il grido:
— Viva gli sposi! Viva gli sposi!!...
Il cagnolino seguitava furiosamente ad abbaiare.
Allora Innocenza, raccolta in sè stessa come una belva ferita, afferrò un grosso sasso e lo seagliò con tutta la sua forza verso la cresta del muro.
Qualche po' di calce si sgretolò con un rumore secco; le teste degli schernitori sparirono in un baleno, si udì lo schianto di rami spezzati, rotolìo di pietre, risate e fischi repressi, scalpitìo di piedi fuggenti. Qualche voce gridò ancora:
— Viva gli sposi!!...
Innocenza raccolse le gonne colle due mani e saltando fra le tombe traversò il camposanto correndo come una pazza, ed uscì.
Nanna, accovacciata dietro il mucchio di