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ella l'aperse con ostentazione, la scorse, se la nascose in seno, ma poi Nanna la rinvenne sulle scale, come smarrita.

Due giorni appresso, ecco un'altra lettera; e i giorni seguenti un'altra, un'altra, ed una terza ancora.

Ormai il postino arrivava quasi ogni sera, e Innocenza lo attendeva impaziente. Gli occhi materni la seguivano trepidando, sperando.

Ma ormai la convinzione della madre non bastava più ad appagare la fanciulla; ora bisognava mostrare le lettere alle amiche: a Rosina, a Teresa, che erano così fiere degli scarabocchi dei loro fidanzati, che avevano troppe volte sogghignato fra loro quando alla posta tutte e due ritiravano lettere ornate di un cuore trafitto, mentre ella rimaneva in un canto a mani vuote.

Le ragazze ascoltarono la lettura di quelle lettere a bocca aperta. Poi Innocenza mostrò loro la busta, il timbro, l'indirizzo. Le lettere erano firmate: «Fernando Altoviti».

— Ma chi è?... — chiesero le amiche non potendo credere ai loro occhi.

Innocenza rispose con sussiego:

— Io non lo conosco, sarà un forestiero, ma egli mi conosce, mi ha vista, mi ama, e un giorno o l'altro verrà a chiedermi in isposa.

Le ragazze si guardarono in silenzio. Poi si congedarono in fretta, ed Innocenza udì per un buon pezzo le loro voci e le loro risate.

— Non credono, — fremette ella mordendosi le labbra.