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il fiume frusciava appena tra le sponde; la luna splendeva fredda sui campi, sulle siepi immobili; tutto era silenzio.
Qualche tempo dopo il suo disgusto con Pasquetta, Innocenza aveva legato amicizia con altre tre ragazze: Rosina e Teresa, operaie delle filande, e Ninetta, loro cugina, che le raggiungeva ogni sera dal paese dove prestava servizio dall'alba al tramonto. Ma verso Rosina e Teresa l'amicizia d'Innocenza non era che un nome: era piuttosto ammirazione, diffidenza ed invidia. Rassomigliavano troppo a Pasquetta, entrambe avevano il fidanzato, e non facevano che connettere le dolcezze del loro amore coll'inconscia crudeltà delle creature sane e felici.
Ma verso Ninetta, silenziosa, timida, vestita a lutto, verso Ninetta che non pensava all'amore e non ne parlava mai perchè doveva ogni dì lottar colla fame e sgobbare per sè e per i suoi piccoli fratelli, Innocenza sentiva tenerezza e simpatia, forse perchè la vedeva così diversa da lei, forse per un inconscio bisogno della miseria di consolarsi col pensiero di un'altra miseria.
Ella l'aspettò una sera, la colse sola, le si confidò.
— Ninetta, Ninetta mia, io impazzisco di dolore!... Sono abbandonata, sono abbandonata!... Mi hanno lasciata tutti e tre!...
Ninetta la guardò. Innocenza era così stravolta e consunta da non lasciar dubbio che non soffrisse davvero, che non avesse preso sul serio