Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/136

La madre ripetè come un automa:

— Fu... qui... vedendomi fuori della porta a lavorare.

— Com'era, mamma?... Non me ne hai mai detto nulla. Com'era?...

La madre ancora non rispose. Pareva che l'ombra le si fosse addensata dintorno.

Innocenza le si avvicinò e le sfiorò colla mano la mano fredda.

— Sei agghiacciata, mamma!... Hai freddo!... Vuoi che rientriamo in cucina? Lì c'è un bel fuoco, e potrai raccontarmi meglio la tua storia. Rientriamo, rientriamo, mamma!

— No! — oppose impetuosamente la donna. — Ti racconterò tutto quello che vuoi, ma lasciami qui. Il fuoco mi fa male.

— Dunque, come fu?...

— Dunque....- incominciò penosamente la madre dopo una lunga pausa, rannicchiandosi nell'ombra. — Fu così....Io abitavo qui. Non uscivo mai da questo cortiletto. Lavoravo presso alla porta. Un giovane che passava ogni sera si innamorò di me e mi volle sposare. Poco dopo avermi sposata morì, ed io mi ricoverai con te all'Istituto.

— Ma.... com'era?... com'era, mamma, il tuo sposo?... Era biondo?... aveva i capelli ricciuti? due baffetti più scuri?...

— ....Era biondo, coi capelli ricciuti.... coi baffetti più scuri.... sì, era così.

— E che cosa ti diceva?... ti dava dei fiori?...

— Mi diceva tante cose.... mi dava tanti fiori....