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l'altra viva, bianca e rosa anch'essa, ma con una zazzera di ricciolini biondi e due baffetti un po' più scuri impomatati. Era Zeffirino, il giovane barbiere, che si esponeva così ogni sera agli sguardi ammirativi del bel sesso castelluzzese. Egli si sporse vivamente al passaggio d'Innocenza e di Pasqua.
— Dove andate, belle ragazze?
— Dove ci pare e piace, — rispose ruvidamente Pasquetta senza fermarsi.
— Uh, che scontrosa!... — fece lo zerbinotto. — Non parlo con lei, parlo colla sua amica!
E, abbandonato il suo posto d'osservazione, uscì nella strada.
— Vuol dirmi dove vanno di bello, signorina Innocenza? — insistette egli, pur non cessando di sbirciare Pasquetta che guardava ostentatamente dall'altra parte.
— Andiamo da Giocondo a comperare del pane, e da Agesilao a comperar del formaggio, — rispose gentilmente Innocenza; e piegò un po' il capo per far ammirare le trecce.
— Vuol darmi quella dalia? — domandò Zeffirino a Pasquetta.
L'altra gli rise in faccia.
— Se la prenda, se ci arriva!... — lo sfidò ella mettendosi a correre sul marciapiede. Quando fu a venti metri sostò, e gettò la dalia sopra i tetti.
— Se lei crede che me ne importi!... — le gridò dietro Zeffirino, e si accompagnò a Innocenza, raggiungendo con marcata lentezza la dispettosa.