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— Finchè io sarò alla chiesa, non mi porteranno via la bambina?... — balbettò.
La buona Madre la rassicurò, e Nanna si lasciò condurre, pallida, tremente, voltandosi indietro ad ogni passo, tendendo l'orecchio, come la cavalla che lascia il suo nato, e sosta, e nitrisce, e si volta, per salutarlo e chiamarlo.
Quella sera tutto Castelluzzo parlò del fatto e la Superiora fu portata ai sette cieli.
— Non tanto per la confessione e la comunione, — sentenziò in farmacia il maestro Zanella che era un mangiapreti, — quanto per aver riconciliato la madre colla figlia. È impossibile negarlo: Madre Antonietta è una gran donna.
— Una gran donna! — ripeterono il sindaco, il dottore, e l'Arciprete.
E perfino il gatto d'Angora socchiuse gli occhi, e, leccandosi i baffi, parve affermare: — Una gran donna.
Voci forse un po' esagerate, ma singolarmento edificanti, su quella che ormai si chiamava «la conversione di Nanna», cominciarono a circolare in paese, e, ben lungi dall'imaginarselo, la poveretta divenne l'argomento delle conversazioni e dell'interesse generale.
Ben presto alcune signore di Castelluzzo, facenti parte del comitato per la «Redenzione della giovane», comitato che ogni paese rispettabile alberga nel suo seno, fecero domanda alla Superiora di poter visitare Nanna per coadiuvare alla sua redenzione, e prendere qualche provvedimento sul suo collocamento avvenire.