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aveva detto — è responsabile dello stato anormale di Nanna. L'amministrazione comunale, noncurante ed inerte, che permette l'accattonaggio sulle piazze e il vagabondaggio di esseri deficienti e degenerati nocivi a sè stessi e agli altri.
Ben detto! Ma dacchè la politica aveva fatto capolino, maestro e segretario si cavavano quotidianamente gli occhi, e il gatto d'Angora non poteva più dormire.
E intanto Nanna era ogni giorno interrogata, e il paese attendeva trepidando l'esito degli interrogatorî.
Infine, come Dio volle, la notizia venne, ufficialmente ripetuta in farmacia, in sacristia e al caffè. Interrogata e riinterrogata, Nanna non accusava nessuno, anzi «negava il fatto». Contro l'evidenza materiale, contro il suo stesso interesse, con un'ostinazione pazzesca e incomprensibile, negava.
Il paese respirò.
— Non è vero! — aveva detto l'accattona nel primo interrogatorio. — Non è vero! — aveva giurato nel secondo e nel terzo.
E dopo giorni e giorni di snervanti insistenze aveva finito per inveire, colla sua voce rauca e violenta:
— Ebbene, lasciatemi in pace! Se è vero, è vero, ed è stato il diavolo! E quando nascerà questo suo figlio, che voi dite che deve nascere, come è vero Dio, lo strangolerò!