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alla tirolese con penna di gallo, scesero rumorosamente facendo scricchiolare tutta la scala.
Nennè si scansò senza salutarle, ed esse borbottarono qualche cosa fra i denti, in tedesco, mentr'egli saliva tre gradini per volta, giungeva in saletta.
— Fabbricare una reliquia!... vendere agli americani... chissà mai che cosa?... Anch'egli, come Antonico e Fifillo, le unghie.... o i capelli.... o la barba.... di qualche santo.... la barba.... la barba di Dürer!... La barba di Dürer!!...
Con un fremito di terrore e di rimorso, gli occhi di Nennè si posarono sul ritratto di lui, biondo, ieratico, malinconico, poi, folli di audacia e di speranza, discesero su Wagner che grasso e freddoloso si raggomitolava come sempre accanto alla stufa. Il gatto era fulvo e russava; russava l'immensa stufa di maiolica grigia, e nel suo letto, sotto una montagna di cuscini di piuma, russava anche la nonna.
Allora, cautamente, movendosi senza rumore, scivolando come un serpe fra la cassapanca e la stufa, Nennè afferrò la forbice tra i gomitoli di lana rossa e, gentilmente accarezzando Wagner con una mano, coll'altra gli recise sulla schiena un grosso ciuffo di pelo, poi un secondo, un terzo, un quarto.
— La barba di Dürer!...
Il tradito socchiuse appena gli occhi. Nennè fuggì nella sua stanza portando seco il prezioso tesoro.