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768 | Scola della Patienza |
che havevo? Sapevo molto bene, che non vi era cosa più incostante di questa, come quello, che ad un tratto svanisce, e più presto di qualsivoglia vino conciato con le spetiarie.
E se un’infermità m’hà rovinato? Nè anche di ciò mi maraviglio, nè mi è cosa nuova, che s’ammali uno, che ha anco da morire. Questi pensieri, che si hanno prima con le future disgratie, fanno, che nelle avversità noi stiamo saggi, e non facciamo delle pazzie.
Carneade, che fù un Filosofo molto acuto, soleva dire, ch’ogni mestitia, e dolore nelle cose grandi veniva dal sopragiungerci inaspettata, e improvisa la tempesta. Così non vi è cosa, che turbi più un cuoco poco pratico, quanto una subita, e inaspettata venuta d’invitati, quando non hà in ordine nè fuoco, nè focolare, nè car-