Pagina:Dresselio - Scola della patienza.djvu/485


Parte II. Cap. V. 461

na beatitudine non durasse più di cento anni, si doverebbe nondimeno patir più tosto qualsivoglia cosa di quà per lo spatio di molti anni, che perderla. E così parimente se l’inferno non havesse a durare se non per cento anni, ci metteria nondimeno più conto a patir di quà qualsivoglia gran cosa, che aspettar d’esser per quel tempo castigati di là. Hor quanto maggiormente doveressimo patir hora ogni cosa allegramente essendo che le cose, che noi patiamo, durano poco, e passano in un momento; e dall’altra parte tanto il premio, quanto la pena, che ci aspettano, sono eterni, e durano per sempre.

Stimulando qui S. Chrisostomo la nostra pigritia così dice: Quid dicis homo: ad regnum vocatus es, ad regnum filij Dei: et oscitabundus es totus, ac desidum more scalpis, et corpus? Si nam-