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288 | Scola della Patienza |
l’istesso saluto, lo sguardo, il silentio, il riso, il dimandare, provoca ad altri a sdegno. Poiche le cose, che dogliono non si toccano mai senza dolore.
Nè si può contenere l’impatienza nostra di non accusare, e la tempesta, e ’l cielo, anzi l’istesso Signore della Tempesta, e del cielo. Hora ci lamentiamo, che troppo piova; hor che faccia troppo freddo, e hor troppo caldo, e hor che troppo duri l’inverno. Non consideriamo, che queste cose caminano secondo le leggi delle proprie stagioni. E’ certo, che ci teniamo da troppo, se ci paremo degni, che il cielo per nostro rispetto s’habbia da muovere altrimenti. Non si fa niente di queste cose per danno nostro; anzi non si fa cosa, che non ci sia molto salutifera, e di grandissimo giovamento. E così litighiamo indarno con l’aria se ci nega il sereno, in dar-