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Parte I. Cap. V. 229

cose del fatto mio un’huomo, che m’havesse voluto male in apparenza, forse, ch’io mi sarei da lui nascosto; mà tu, ch’eri l’anima mia, la mia guida, e quel, ch’io conoscevo quello, che mangiavi meco ad una medesima tavola, hor mi tiri ancor tù de’ calci?. Et tu fili? E tù ancora figlio sei con costoro? diceva Cesare a Bruto, quando nel Senato l’ammazzavano. Qui daremo brevemente alcuni conforti, che sarà come mettere un poco d’unguento nella ferita.

Il primo è, che qui non si perdonarà à nessuno per cautelativissimo che sia, perche ancor questi son feriti, e flagellati dalle lingue. flagellum linguae (disse l’Ecclesiastico) omnibus communicans.b Il flagello della lingua à tutti è comune. Gieremia Profeta, che fù santo prima, che nascesse, nondimeno si lamenta, e dice: Vae mihi mater mea, quare me genuisti