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Parte I. Cap. IV. 113

et tu quoque velis.k Non ti attristare figliuolo per l’infermità del corpo: se tu sei ferro, con questo fuoco ti leverai la ruggine; se sei oro, diventarai più bello. Non ti pigliare dunque fastidio, se Dio ti vuol affliggere, e vuole, che tu stij ammalato; chi sei tu, che possi resistere alla divina volontà, ò haver à male ciò, ch’ella fà? Perciò habbi patienza, e prega Dio, che ti conceda, che ancora tu voglia ciò, che Egli vuole.

E veramente, se vogliamo considerar bene tutto questo trovaremo, che l’infermità è un dono di Dio tanto importante, e sì pretioso, che non si potria pagare con servizij di cent’anni. Percioche nell’Infermità siamo invitati à far la pace con Dio, il quale havevamo forse con empia guerra provocato. S. Gregorio dice: Admonendi sunt aegri, ut considerent, quanti sit muneris molestia corpo-