Pagina:Drahomanov - Il movimento letterario ruteno in Russia.djvu/33


— 28 —

Questi fu il Taras Scevcenko (1814-1861). Scevcenko era nato servo nel governo di Kijev e dopo molte migrazioni e la miseria arrivò col suo proprietario a Pietroburgo, dove in grazia al suo talento di pittore, la sua libertà fu comprata al prezzo di 2500 rubli, che il poeta russo Szukovski ha raccolti vendendo il ritratto di lui, il quale per la stessa occasione aveva fatto l’illustre pittore Brüloff. Ma i fratelli e le sorelle del gran poeta hanno ricevuto la libertà personale, solamente coll’universale emancipazione dei servi russi nel 1861. Scevcenko ha scritto molte poesie liriche, dumy, poemi, ne pubblicò la prima serie nel 1840 sotto il titolo comune Kobzar’ (Kobza è un nome dell’istrumento musicale, che usano i cantanti e recitatori popolari nella Piccola Russia, chiamati perciò i Kobzari), — il titolo, che restò quindi per tutte le opere del poeta, molte volte ristampate. La più completa edizione ne è dell’anno 1867 fatta a Pietroburgo, ed altra stampata in Lemberg, completata con le opere, che la censura in Russia non poteva lasciar passare. I principali temi delle poesie di Scevcenko sono i desiderii e i quadri della felicità della vita di famiglia, gli esempii dell’abnegazione dell’amor materno (poema Natmylshka — La serva), e della fanciulla (poema il prigioniereNevolnik), contrastanti colle offese e le iniquità, alle quali i poveri sono soggetti per parte degli uomini delle classi privilegiate (poema Caterina e passim), i quadri del despotismo de’ signori e del governo (monologhi poetici Caucaso, Sogno e passim) i lamenti sullo stato miserabile del popolo soggetto ai signori russi e polacchi, agli ebrei usurai, questa miseria posta in contrasto con la gloria passata del popolo, (epistola ad Osnovianenko, — monologo Cihirin — città capitale degli hetmani nel secolo XVII), con le sue lotte ardite per la libertà contro i tatari e turchi (poema Giovani Podkova, Hamalija — hetmani de’ cosacchi) contro i polacchi (la notte del Taras Triasila, vincitore del shliahta nel 1638, Haidamachi — poema sulla sollevazione popolare contro la fanatica confederazione di Bar e la carnificina di Umanj, 1768), — l’appello ai ricchi e potenti perchè rinuncino ai loro privilegi maledetti ed abbraccino il «fratello minore.» (Epistola ai miei morti, viventi e posteri compatrioti), l’appello ai popoli slavi a liberarsi insieme (Epistola ad un illustre boemo G. Shafaric, poema Giovanni Huss o l’Eretico).

Lo spirito e le forme ardite di alcune sue poesie, principalmente del Caucaso e del Sogno, che correvano manoscritte presso i compatrioti del poeta, le incriminazioni (poco spiegate ancora) che Scev-