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Un’altra porta ci arrestò; il signor Merryweather accese una lanterna cieca, aprì il cancello, e ci precedette in una sala bassa, selciata, e ingombra di massicci coffani.

— Nulla a temere nè sopra nè sotto, bisbigliò la nostra guida picchiando il suolo coll’estremità della sua canna.

Ma il suolo suonò vuoto.

— Attenzione! mormorò Holmes, potreste mandare in aria la nostra impresa. Signor Merryweather, vi prego sedervi sopra una di queste casse, e lasciarmi agire.

Così dicendo, Holmes si era inginocchiato in terra e, col fanale in mano, esaminava le fessure del suolo.

— Abbiamo un’ora innanzi a noi. I nostri furfanti nulla potranno fare prima che Wilson si sia messo a letto. Allora andranno subito a metter in opera il loro piano. Domani è domenica, e s’essi riescono sono sicuri che nulla verrà scoperto prima di lunedì!

— Sì, e abbiamo ogni ragione di credere che ci si rubi il nostro oro francese.

— Quale oro francese? chiesi.

— Sapete come or fa qualche mese, per consolidare il nostro credito, noi dovemmo chiedere a prestito 350,000 marenghi alla Banca di Francia, somma che ci fu subito cortesemente data. Ora, si seppe dal pubblico che mai avevamo aperte quelle casse e che si trovano nelle nostre cantine tal quale le abbiamo ricevute. Il coffano sul quale io sono seduto contiene 300,000 lire in oro, chiuse fra quattro strati di piombo. È una forte riserva per una succursale, e fummo avvertiti, come un colpo di mano si preparava per involarla...

— Ora, interruppe Holmes, prendiamo le nostre disposizioni. Dobbiamo anzitutto spegnere questa lanterna. Il nemico è troppo avanzato perchè noi ci permettiamo la menoma imprudenza. Mi terrò