Pagina:Doyle - Le avventure di Sherlock Holmes.djvu/27


— 23 —


Il cocchiere sferzò vigorosamente la sua bestia che partì a gran trotto.

Mi domandavo ciò che mi rimaneva allora da fare quando vidi un landau, lo stesso che avevo aiutato a pulire qualche istante prima, sbucare da una stradicciuola vicina, e venire esso pure ad arrestarsi dinanzi alla villa. Irene Adler, alla sua volta, scese frettolosamente i gradini della scalinata e, saltando in vettura, gettò queste parole al cocchiere:

— John! alla chiesa Sainte Monique. Una buona mancia se correte.

L’occasione era bella.

Un “cab” passava in quel momento stesso. Chiamai l’automedonte, e io pure gli promisi una mezza sovrana se in venti minuti mi conduceva alla chiesa indicata. L’uomo sulle prime esitò; il mio aspetto forse, non lo persuadeva troppo. Indi partì come una freccia.

Però quando giunsi alla chiesa, il landau e la vettura del visitatore d’Irene, già stazionavano sul portone del tempio.

Pagai la mia corsa ed entrai nel sacro luogo. Soli, a’ piè dell’altare maggiore, i miei due personaggi discutevano con un chierico vestito di un camice bianco.

Compresi; erano le 11 e 55 e si trattava di concludere il matrimonio prima che mezzodì fosse suonato.

Mentre, fiancheggiando il muro, mi avanzavo noncurante nella chiesa, da persona indifferente, mi vidi a un tratto venire incontro Godfrey Norton.

— Oh! grazie al Cielo — mi disse prendendomi pel braccio. — Siamo salvi! Venite presto....

— Che c’è? — chiesi.

— Venite presto, o non sarà legale.

E tirato per la mano, spinto a’ piè dell’altare, mi trovai in breve mormorando le risposte matrimoniali che mi venivano suggerite, in qualità di testimonio, alle