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il suo tunnel ad alcuni touristes: i giorni precedenti erano stati nebbiosi e non venendo nessun forestiero il vecchio si era occupato a prolungare la galleria di qualche metro più addentro nel ghiacciaio.

Il vecchio Tiburzio non vi era tornato nel mattino di quel giorno, e precedeva la comitiva per vedere se il passaggio rischiarato ora dal sole era in ordine: egli entratovi voltò dietro un angolo: dopo qualche istante la comitiva fu atterrita da un urlo straziante che echeggiò dalle strette volte del tunnel. Alcuni uomini vi si affrettarono, guidati dai gemiti che si ripetevano ad intervalli.

Giunti all’estremità della galleria inciamparono o quasi caddero sopra il corpo prostrato al suolo del vecchio Tiburzio, giacchè la luce nei giorni sereni si riflette e s’infrange sulle pareti di quel tunnel di ghiaccio. Egli giaceva in quella posizione frammischiando grida lamentevoli e preghiere a Dio.

Al primo istante nessuno comprese la cagione di quella scena inaspettata, se dipendeva da un dolore fisico o morale, ma abituatisi gradatamente al chiarore nel quale erano avvolti, indietreggiarono inorriditi e sorpresi, alla vista meravigliosa che si presentava ai loro sguardi. La parete della galleria era trasparente e tersa come un cristallo, nella sua cavità riposava, perfettamente conservato, il corpo d’un giovanetto. Quei tre uomini vigorosi e provetti rimasero muti, impressionati dinanzi a quella vista sopranaturale.

Il silenzio venne rotto dallo stesso Tiburzio il quale, a ginocchioni e colle mani congiunte, gemeva:

— Augusto! Augusto! Dio di misericordia, abbiate pietà di me!

I viaggiatori, ignari del passato, nulla comprendevano di quella strana situazione, e non potendo ottenere altre spiegazioni dal vecchio desolato, lo trassero di là a braccia, ansiosi di ritrovarsi all’aria aperta.

La notizia, sparsasi in un baleno nel villaggio, ben tosto radunò gran parte dei suoi abitanti al-