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D’altronde, rassicuratevi, io non sono un inviato di Dio: se potei introdurmi nella vostra prigione — perchè questa stanza è una prigione per voi — fu mediante quell’uscita segreta che il padre vostro aveva fatto praticare quando abitò questo appartamento... Da molto tempo spiavo l’occasione, che mi fu offerta questa sera approfittando della festa che si dava nel castello.

— Avete conosciuto mio padre? Chi dunque egli era?

— Egli era il padrone del mondo. Il Cesare che ammirate, mi fu detto, è un nano di fronte a questo gigante di gloria. Vostro padre, l’Imperatore, il Re, il capo adulato e temuto di ottanta milioni d’uomini, morì sopra una roccia, smarrita in mezzo all’Oceano; prigioniero in un’isola deserta, come voi lo siete in questo palazzo, morì dopo cinque anni di agonia, rodendosi le pugna, chiamandovi, gridando il vostro nome... Gli estremi suoi sguardi si sono arrestati sulla vostra imagine, e quando il suo sole si estinse sull’orizzonte del mondo, un lungo grido di dolore sorse da ogni angolo della Francia... ora è voi ch’ella chiama. Il nome vostro fa tremare tutti i re dell’Europa; ma la Francia è orgogliosa, pensateci: e potrebbe preferire l’uomo che per riconquistarla fa tentativi quasi insensati, a quello che si addormenta nella sua rassegnazione ai decreti della Provvidenza. Ecco quanto venni ad apprendervi. E quando mi avrete udito, io vi dirò: Monsignore, volete seguirmi? volete che questa scala — e lo sconosciuto indicò col gesto la porta segreta per cui era entrato — volete che questa scala praticata dal padre, serva, dopo quindici anni all’evasione del figlio?

Il duca di Reichstadt si terse gli occhi bagnati di lacrime, e, accennando al suo visitatore di prender posto al suo fianco sul divano:

— Bene, signore, disse, v’ascolto.

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Il domani giorno di Natale, lo straniero che da un mese abitava l’albergo della Cauronne de Hongrie, partì all’alba per la caccia, seguito dal suo domestico; aveva saldato la sua nota, di maniera che l’alber-