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lenti s’avvanzò verso l’Imperatore. Era vestito dell’uniforme bianca dei colonnelli austriaci, i capelli biondi e ondeggianti gli scendevano sulle spalle, era pallido, di un pallore malaticcio, e le labbra scolorite parevano disabituate al sorriso. Soltanto gli occhi erano vivi in quel mesto volto d’adolescente grave, per quanto si applicasse, come fu detto, ad estinguerne la espressione e lo splendore.

Al suo presentarsi, tutte le conversazioni cessarono...

Per coloro che assistevano a quella scena, l’apparizione di quel fanciullo debole evocava con impressionante contrasto il fantasma dell’uomo che aveva, colle sue mani possenti, spezzata la vecchia Europa per rifarla a suo modo, e che, in quello stesso palazzo, aveva col suo tallone schiacciato l’antico Impero degli Habsbourg.

Il principe Franz si avanzò verso il suo avolo, e, umilmente gli baciò la mano.

— Volli, figlio mio, disse Francesco II per rompere il silenzio penoso che pesava sugli astanti, volli procurarvi qualche distrazione; è giunto il momento di tenere, alla mia corte, il rango che vi assegna la vostra parentela con me... i vostri maestri si mostrano soddisfatti... ma se è bene lavorare, non si deve, per troppa inclinazione allo studio, allontanare le distrazioni dell’età vostra...

— Sire, vi rendo grazie, rispose il fanciullo.

Indi se ne andò modestamente a sedere in un seggiolino in disparte. Si tenne cogli occhi fissi a terra, meditabondo, assorto in qualche strano pensiero, che solcava di rughe la sua giovane fronte, e gli metteva una piega all’angolo delle labbra. L’imperatore, turbato, taceva; gli alti personaggi presenti imitavano il suo mutismo; e un nuovo spettro parve aleggiasse nella galleria, quello di un altro fanciullo, nato per portare la corona, egli pure, e la cui lenta agonia, in fondo a una prigione del Temple, aveva un giorno terrorizzato il mondo.

Il signor di Metternich, da esperto diplomatico, s’incaricò troncare quel silenzio, prendendo a tema le tendenze serie del suo allievo, l’emozione che gli